SECONDO ANNO.

   L'anno scorre e ci avviciniamo di nuovo all'estate. Improvvisamente, verso la metà di maggio, sento con forza che U.G. tornerà in Svizzera. Comunico la mia sensazione a Teresa e ad un amico, per me è sicuro: U.G. tornerà a Gstaad. Naturalmente può essere autosuggestione o fantasia, comunque dopo qualche settimana riceviamo conferma da un amico di Roma: "U.G. sarà a Gstaad a partire dalla fine di Giugno". Cambiamo il programma delle ferie decidendo di fare 3 settimane in Svizzera.
Raggiungiamo Gstaad nella dolce e ridente valle del Saanenland.  Trepidanti, il giorno stesso del nostro arrivo, saliamo da U.G.; un vago cenno di saluto è tutto quello che ci è concesso. Il gioco è lo stesso dell'anno precedente, bilanciato tra attrazione e repulsione. Mentre lasciamo lo chalet il primo giorno, sia a me che a  Teresa, viene una constatazione amara: "Con che faccia ci presentiamo per 21 giorni consecutivi da U.G.?"
Poichè  Teresa condivide le mie stesse perplessità, non posso pensare di essere io che, con il mio carattere, mi faccio un mucchio di scrupoli e di idee sbagliate. Teresa usualmente è molto più decisa e determinata di me e non si fa molti problemi, quindi se in questo caso si sente anche lei in difficoltà significa che non è solo autosuggestione. Non so ancora oggi spiegarmi questo effetto che U.G. produce su di noi. Forse sono le sue parole, tese a scoraggiare e ad invitare le persone ad andarsene, o forse non sono le parole, proprio non so dire, fatto sta che dentro di me penso: "Se non succede qualche cosa, U.G., credo che non riuscirò più a venire da Te, ma in questo caso avrai la grande responsabilità di avermi perso".
A complicare la cosa c'è anche la consapevolezza di non essere riusciti ad entrare un pò in confidenza con U.G. sia per il suo atteggiamento di distacco, sia per le difficoltà della lingua e sia anche per il nostro carattere. Questi pensieri sono accompagnati però da una certezza intima e per me inusuale, che qualche cosa comunque succederà.
Facendo queste considerazioni entriamo in un ristorante, lungo la via principale di Gstaad, visto che si è fatta l'ora di cena. Il ristorante ha una veranda aperta sulla strada; ad un certo punto  mi vedo davanti U.G. che mi domanda se ho visto uno degli amici che  erano presenti all'incontro da lui. Gli rispondo che siamo scesi  insieme ma che noi ci siamo fermati, mentre lui ha proseguito lungo la strada; U.G. dice che ha una cosa molto importante da comunicargli, ci ringrazia e prosegue per raggiungere quella persona.  Dopo qualche minuto lo vediamo tornare, ci vede e ci dice che non è riuscito a trovarlo. Chiedo se possiamo essere di qualche aiuto ed, in breve, risolviamo di accompagnarlo con la macchina a Gsteig, un  paese lì vicino dove l'amico comune ha affittato lo chalet.
U.G. insiste affinché noi non interrompiamo la nostra cena, ci dice di mangiare con comodo che ci troverà lui quando avremo terminato, quindi si incammina lungo la via principale di Gstaad.
Nonostante la sua raccomandazione Teresa ed io trangugiamo la  rimanente parte del pasto non volendo fare attendere U.G. Chiediamo il conto alla cameriera, che si è accorta della nostra concitazione e quindi usciamo convinti di doverlo cercare. Non dobbiamo faticare molto, lui è fermo in strada,  vicinissimo alla veranda del ristorante ma appena fuori dalla   nostra vista, che ci attende calmo e sereno.
L'accompagnamo a Gsteig; durante il viaggio io cerco di sostenere una conversazione che non mi è facilissima visto che U.G. mi incute una certa soggezione e visti i soliti limiti del mio inglese. Teresa è seduta  dietro e mi dirà dopo che, tra la presenza di U.G. e la bellezza del paesaggio con la cima di "Les Diablerets" che si stagliava sullo sfondo, ha fatto un viaggio veramente piacevole.
Giungiamo a Gsteig, la ricerca dell'amico non si svolge in modo particolarmente lineare; allo chalet non troviamo nessuno, U.G. lascia un biglietto; tuttavia tornando a Gstaad, ci viene in mente che la persona che cerchiamo potrebbe essere all'Arca en Ciel, un ristorante pizzeria che piace molto a tutti noi; lì troviamo la macchina, ma non la persona.  Probabilmente è andato a fare quattro passi dopo cena. U.G. scrive un secondo biglietto, che attacca al vetro della macchina e quindi si ritiene soddisfatto. Lo riaccompagniamo allo chalet e lo salutiamo.
Il fatto di per sé è banale, ma lo è molto di meno se si pensa che quanto è successo cancella con un colpo di spugna tutti i nostri dubbi, mettendoci in condizione di recarci da U.G. per le tre settimane successive, senza essere troppo titubanti. Ora che abbiamo avuto un contatto più diretto, ora che gli siamo stati utili, ci sentiamo un pò di più nella cerchia degli amici e ci sentiamo autorizzati a presentarci là ogni sera.
Il giorno dopo, girando per Gstaad, incrociamo casualmente U.G.; quando ci vede si ferma e ci dice che la spedizione della sera ha avuto buon esito in quanto l'amico comune ha visto il biglietto e si è messo in contatto con lui, ci ringrazia ancora e ci saluta.
I giorni procedono e non c'è molto da dire, i discorsi sono più o meno gli stessi, variano un pò a secondo degli interlocutori. Le persone non sono mai più di 10, massimo 15. Nel corso delle giornate qualcuno parte e qualcuno nuovo arriva. Qualcuno si vede solo per una volta o due poi non torna più. Mi sento di affermare che costui non è stato attento, se avesse messo un briciolo più di attenzione avrebbe visto chi o cosa c'è lì.
Una sera arriviamo all'incontro che c'è già un gruppo di persone nuove, U.G. però mi sembra alterato, ha il viso tra lo scuro ed il  malinconico e, ad un certo punto, sento che invita i convenuti ad andarsene altrimenti avrebbe chiamato la polizia. Non c'è traccia di rabbia in lui, nessuna avvisaglia di astio o di paura, solo mi sembra profondamente triste. Non sta giocando U.G., non è come fa con qualcuno di noi quando, accalorandosi nella discussione, finge di diventare aggressivo; no, qualcuno dei convenuti sta facendo veramente del male. Fortunatamente dopo non molto quelle persone vanno via. Sono veramente dispiaciuto che il mio inglese non mi abbia permesso di captare il nocciolo della discussione anche se, a questo punto, mi sono già fatto la convinzione che U.G. più che quanto viene detto   considera le disposizioni d'animo.
U.G. quest'anno ha portato con sé le copie delle videocassette contenenti le interviste che ha fatto durante l'anno in giro per il mondo. Le videocassette sono tre, rispettivamente per tre interviste diverse, ed ogni tanto ci chiede se ne vogliamo vedere una. La risposta a questa domanda normalmente è un assenso corale, così U.G. mette la cassetta nel videoregistratore. Una sera, prima di venire via, vedo che altri amici gli chiedono se è possibile avere una copia di una delle videocassette; la cosa mi seduce molto, oso e chiedo se posso avere una copia anch'io?.  "Certo certo" è la sua risposta, e quindi dà l'incarico ad uno degli amici più vicini a lui di ottenere le copie per tutti quelli che l'hanno richiesta.
Poi mi dice di venire l'indomani alle due a ritirare la bobina. L'indomani saliamo trepidanti e vediamo che siamo i primi, poi ci rendiamo conto che non siamo i primi ma siamo i soli, gli altri che avevano chiesto la duplicazione avranno il nastro in un'altra sede, dall'amico che si è incaricato delle copie. U.G. ci dà  la cassetta, scambiamo qualche parola, poi ringraziamo ed andiamo.
Solo dopo, in albergo, vedo che la duplicazione è fatta su una cassetta ad alta qualità e la cosa potrebbe essere ininfluente senonché, dopo alcuni giorni, scopro che le altre duplicazioni sono state fatte su cassette a qualità normale. Penso di avere avuto un doppio regalo da U.G.: una cassetta ad alta qualità e consegnata personalmente da lui. Ancora oggi, qualche volta, mi domando cosa avrà voluto significare questo trattamento di favore, ma non riesco a darmi una risposta.
E' bello anche girare per la valle del Saanenland, che è di per sé   incantevole ed ogni tanto incontrare qualcuno degli amici che ci sono solitamente alla sera da U.G. In questi casi spesso ci si ferma un pò a parlare delle proprie esperienze, della ricerca o anche di cose di ordine generale.
E' arrivato frattanto il Dottor Laboyer, famoso per i suoi studi sul  sistema di parto indolore. U.G. ci ha fatto vedere delle bellissime foto in bianco e nero che Laboyer, che pare si diletti di fotografia,  gli ha fatto. In fotografia U.G. ha la naturalezza di un bambino, non  è assolutamente turbato dal fatto di trovarsi davanti all'obiettivo. A dispetto della sua fama internazionale Laboyer non ha trattamenti di favore da parte di U.G. o almeno questo è quanto constatiamo noi.
Dopo qualche altra giornata U.G. si lamenta; rivolto a tutti dice che questi nostri incontri stanno diventando routine, così ci avvisa che andrà per qualche giorno a Zurigo, dietro l'invito di un amico. Come prevedibile, grazie al mio pessimo inglese, capisco male il giorno del suo rientro a Gstaad, così perdiamo l'incontro di quel giorno. Il giorno successivo vediamo che buona parte di coloro che vi erano  la settimana prima non ci sono più. Uno degli amici ci dice che la sera prima U.G. ha fatto una sfuriata  invitando praticamente coloro che erano là ad andarsene. Il fatto che non tutti quelli che vi erano precedentemente siano andati via significa, a mio modo di vedere, che l'invito, pur essendo  rivolto a tutti, era riservato solo ad alcuni e chi doveva capire ha  capito.
Perché U.G. abbia fatto ciò non è chiaro, noi non eravamo presenti, ma anche l'amico che ci riferisce e che conosce molto bene l'inglese, non sembra avere capito il perché. Pare che U.G. abbia detto che si stavano attaccando troppo a lui.
Il gruppo comunque torna a crescere; verso gli ultimissimi giorni ci torna il dubbio di essere inopportuni, di assillare e disturbare quell'uomo. Siamo quasi verso la fine delle tre settimane ed una sera, mentre ci alziamo per venire via U.G. si rivolge a Teresa ed a me e dice : "Tornate a trovarmi uno di questi giorni". L'indomani naturalmente siamo lì, tuttavia, nonostante l'invito esplicito, siamo ancora titubanti; anche questa sera U.G. dice   rivolto a noi: "Tornate a trovarmi domani". Non credo alle mie orecchie e chiedo a Teresa se anche lei ha capito quello che ho capito io; Teresa conferma.
Comunque anche un invito così esplicito non basta a dissipare i nostri dubbi. Qualche cosa dentro di noi ci fa sentire a disagio. E' notevole in ogni caso, che anche questa volta U.G. abbia sentito le nostre difficoltà e ci sia venuto incontro.
Comunque sia, tra un dubbio e l'altro è arrivato l'ultimo giorno. Come l'anno precedente vogliamo portare qualche cosa per ringraziare U.G. per l'ospitalità e farci perdonare per il disturbo. Questa volta abbiamo un alleato, Michelle, che conosce U.G molto bene e che, fra l'altro, conosce molto bene anche Douglas Harding.  Michelle ci consiglia di comprargli del cibo, ci dice quale e ci assicura che lo sorprenderemo. Do il regalo a U.G. all'inizio dell'incontro dell'ultima sera, lui guarda nel pacchetto, ci ringrazia e ci invita per la cena.
A cena si dimostra un ospite perfetto, la tavola è apparecchiata con la massima cura, Teresa mi fa notare che ha messo il cucchiaino del dolce davanti al piatto come vuole il galateo più raffinato. U.G. ha preparato del "Cus Cus", Teresa ne prende un paio di cucchiai, U.G. (che mangia pochissimo) ancora meno ed io come Teresa. Dopo questo primo assaggio la  maggior parte del "Cus Cus" è ancora nel tegame. So già la risposta   tuttavia chiedo a U.G. "Devo finirlo vero?"  "Certo Certo" è la sua  risposta. Faccio buon viso a cattivo gioco, il "Cus Cus" è anche buono, ma è tanto, tuttavia come rifiutare un pasto donato da un realizzato? Dopo il primo ci offre uno yoghurt a testa, ma questa volta dico a U.G. che non stia ad aprirne un altro perché mi sento pieno, quindi ne mangio metà con Teresa.
Poi ci offre del formaggio che rifiutiamo dicendo che siamo sazi. Assaggio anche un pane tipo il "Chapati" indiano, U.G. dice che ha  molte spezie e che non sa se lo apprezzeremo; in effetti è un pò piccante ma tutto sommato mangiabile. La cena volge al termine, Teresa si offre di lavare i piatti, U.G. rifiuta assolutamente, siamo ospiti! L'efficienza e la velocità con cui sparecchia e lava i pochi piatti è ancora una volta stupefacente. Tutto sommato la cena da lui è stato un esempio di come la frugalità non vada a scapito del buon gusto e come anche riducendo le cose all'essenziale si possa sentirsi maggiormente soddisfatti e soprattutto avere la netta sensazione di non avere perso assolutamente nulla. Salutiamo U.G. dicendogli che torneremo l'anno prossimo; io sono forse un pò troppo prodigo di ringraziamenti, per i suoi gusti, lui taglia corto, ci saluta e ci ringrazia.
Torniamo in Italia, chissà se questa volta porteremo qualche cosa con noi? Le solite banalità di tutti i giorni fanno presto a prendere il sopravvento sul senso di pace e di benessere che vengono dal connubio ferie più U.G. Sono ancora io con tutti i miei dubbi, problemi, ansie e via dicendo. Un altro lungo anno ci aspetta. Neanche un soggiorno prolungato vicino ad una persona realizzata mi ha giovato. La mia ricerca è ferma, la mia personalità non si evolve, o così almeno pare a me. Sono chiuso nelle solite banalità di sempre, il lavoro con lo stress che si porta  dietro, una vita troppo piatta, un mucchio di problemi piccoli e noiosi e sullo sfondo l'insoddisfazione di sempre. Forse dovrei  considerare le parole di Ramana Maharishi che diceva:
"E' il Guru   non il discepolo che vede il progresso fatto; al discepolo tocca   perseverare, anche se l'edificio che viene innalzato sfugge all'osservazione della mente".

CONSIDERAZIONI SU U.G. DOPO IL SECONDO ANNO.

   U.G. è un saggio anomalo, lo definirei l'assai poco classico predicatore che "Predica male ma razzola bene". Basti pensare ai soldi, lui ci dice che non interessarsi ai soldi significa essere malati, ma poi tu scopri che tutti i suoi possedimenti sono una valigia di 5 chilogrammi ed il suo modo di vivere è assai frugale e semplice. E' un saggio poco vistoso, molto abile nel celare la sua grandezza ed a lasciare filtrare quel poco che basta per attrarre quelle persone che sono attente e non sono deviate da  preconcetti. Attenzione: "la verità non sta alle vostre condizioni; se avete in testa una vostra idea di maestro fatto in un certo modo e che si esprime come voi desiderate, rischiate di non riconoscere la santità quando ne venite lle nostre spalle. Non che chi arriva da U.G. sia più intelligente o più  degno di altri, anzi potrebbe essere l'opposto, infatti solo gli ammalati vanno dal medico, ma sicuramente bisogna essere attenti per riconoscerlo. La sua porta è aperta a tutti e probabilmente tutti quelli che arrivano lì sono aiutati, come dice Nisargadatta: "Se viene (qui) è sicuro di ricevere aiuto. E' venuto perché  era destinato ad ottenerlo. Non c'è niente di finto in proposito. Non posso aiutare alcuni e respingere altri. Tutti quelli che vengono qui sono aiutati questa è la legge."
Però qualche volta U.G. è molto duro con alcuni, io penso che lo urtano soprattutto coloro che essendo impegnati in questa ricerca si sentono migliori degli altri. Credo che questo stato mentale, che può facilmente insorgere in chi sta cercando verità più profonde, sia il peggiore nemico di ogni ricercatore. Pensare di essere migliori  degli altri è il peggiore bluff che la mente ci possa giocare.
La "Calamità" di U.G. non ne ha eliminato la personalità, come ricorda egli stesso, lui è ancora l'uomo che era prima con tutte le sue idiosincrasie ed i tratti del carattere che aveva precedentemente, semplicemente, nel suo caso, la natura umana ha assunto, nel quadro complessivo il posto che le compete e non occupa più tutta la scena. Questo nuovo equilibrio porta con sé inevitabili conseguenze. U.G. non vuole che lo si metta su di un piedestallo e lo si veneri, ma indubbiamente la sua statura non è quella del comune uomo della  strada. Mi spiace U.G. ma anche questo è un fatto e con i fatti non si discute.
Alcuni hanno definito U.G. l'anti-guru e forse, da un certo punto di vista, il termine è perfino limitativo; lui non è solo anti-guru è anti tutto. Se volessimo trovargli un posto nella Trimurti tra Brahma, Vishnu e Shiva (creatore, conservatore e distruttore) sicuramente  a U.G. andrebbe il posto di Shiva (il distruttore).
Ma in fondo cosa si nasconde dietro questo suo truce tagliare, cosa vi è dietro questo suo spietato recidere, se non il desiderio di  sgravarci, dall'incommensurabile fardello che ci siamo caricati sulle  spalle? Via, via tutto il superfluo, via l'inutile, via il falso, affinché solo la verità che si regge su se stessa, che è auto dimostrante, possa brillare.

 

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